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1Ø INPUY N
2Ø REM NASCITA DELL’UNIVERSO
3Ø PRINT “…e la massa esplose; e l’essenza stessa dell’Universo si formò come una gemma baciata dai raggi del sole che mostra al firmamento la sua bellezza. La materia si diffuse nello spazio; le masse vagavano e con il loro avanzare l’Universo si stava creando e con esso lo spazio e con esso il tempo; gli ammassi di materia si separarono sconvolgendo l’intero sistema; nacquero poi le prime galassie: spirali, ellittiche, spirali barrate, radiogalassie, protogalassie, irregolari, giganti; e le radiazioni invasero lo spazio sino allora creato; il giallo di alcune stelle si fuse con il rosso di altre, ed il blu, il verde, l’ultravioletto… e le stelle si separarono raffreddandosi, mutando colori, sconvolgendo lo spazio; energia, energia, energia diffusa ovunque… E l’Universo fu.”
4Ø GOTO 71Ø
…
71Ø REM FORMAZIONE DEL SISTEMA SOLARE
72Ø PRINT “…la nube ruotava, ruotava velocemente attorno al suo centro gravitazionale e le polveri si fusero insieme con grazia e potenza; per effetto della forza centrifuga la nube veniva assumendo una forma strana, come un enorme disco negli spazi sconfinati, appiattendosi sempre di più; il centro di questo enorme globo, sotto l’azione della crescente gravità, si contrasse come preso da rapide convulsioni, condensando in un unico nucleo la maggior parte della massa della nube…la temperatura crebbe…il nucleo si riscaldava… stava nascendo in quel momento una gemma nell’Universo immenso; le prime reazioni termonucleari sconvolsero la nube in un cataclisma di eventi pirotecnici; la massa turbinava e la temperatura aveva raggiunto ormai il milione di gradi; all’improvviso fu sconvolta da un sussulto; qualcosa si stava formando, era prossimo a venire e, come per incanto, stava cercando di emergere da quel caos di materia e… la luce fu.”
73Ø GOTO 5Ø
…
5Ø REM ORIGINE DELLA VITA
6Ø PRINT ”…il coacervato galleggiava nel brodo proteico come un microscopico girino nello stagno primitivo; la sua membrana plasmatica gli permetteva di inglobare particelle nutritive; e intanto cresceva… imparava a duplicarsi; in quel fluido ricco delle più svariate sostanze era il re, il comandante supremo, perché era diventato immortale e invincibile: certo, le insidie erano molte e pericolose, molti dei suoi compagni, parte di sé, se ne erano andati, ma ciò non lo riguardava più, perché egli ormai aveva diffuso il germe del suo essere nel mondo che lo circondava e le probabilità di farcela erano molte. Il coacervato visse, si moltiplicò, si modificò per meglio adattarsi al suo ambiente; il nuovo ente aveva ormai un avvenire sicuro: la prima cellula fu.”
…
148Ø REM L’UOMO
149Ø PRINT “La pianura era sconfinata; soltanto ad una estremità si intravedevano alcuni monti molto lontani. Gran parte di quell’orizzonte era arido e deserto, popolato soltanto da piccoli animali che non erano disturbati, o almeno così sembrava, dall’intenso calore del sole pomeridiano: ma una lunga fascia di terra sembrava essere baciata dagli Dei. Essa era florida, ricca di vegetazione: era bagnata dalle acque del Grande Fiume e per questo era stata prescelta. Oltre la collina c’era la Città, il più grande centro culturale e commerciale che l’umanità possedeva in quel momento. Era immensa e fortificata; la sovrastava il palazzo del Re: la più alta, la più magnificente delle costruzioni che vi si potevano trovare. Il Palazzo sembrava ancora più grande e maestoso se visto da vicino; ori e ornamenti lo rendevano elegante e nello stesso tempo davano un senso di potenza…e il Re era potente, molto potente.
Nella sala del Consiglio Arym Mythenar, vestito di gemme e di preziosi, sedeva sul suo trono circondato da gente molto influente e sorvegliato da guardie armate; ad un tratto egli si alzò, bastava un solo gesto perché tutta la gente fosse allontanata, tranne il suo fedelissimo Ry Hon, ministro, consigliere personale e soprattutto grande amministratore dei beni dello stato; un grande appoggio per il possente Mythenar.
“Devo discutere con te, fedele Hon!”, disse il Re.
“A proposito di cosa, mio signore?”
“A proposito di un sogno che ho avuto la notte scorsa e che mi turba profondamente. Quest’oggi non sono riuscito a concentrarmi un solo momento. Il pensiero di quel sogno mi angoscia e rattrista.”
Il ministro fece un lungo sospiro e replicò:
“Mio signore, i sogni non sono mai nefasti, neppure quando predicono il male, perché da essi l’uomo interpreta utili insegnamenti e ricava importanti messaggi. Posso chiedere, mio signore, di conoscere il sogno che così tanto vi ha sconvolto?”
Il Re fece un cenno d’assenso con il capo e cominciò a parlare avvicinandosi con molta calma e affacciandosi al vastissimo balcone, dove poteva ammirare la città intera costruita sulle sponde del Grande Fiume. Mythenar era pallido in volto e i suoi occhi erano fissi nello spazio come catturati da un folle incantesimo.
“Lo spazio attorno a me”, cominciò a raccontare, “era immerso in una nebbia fittissima di colore giallastro ed io vagavo, vagavo in cerca di una meta; poi all’improvviso mi ritrovai al cospetto degli Dei. I loro volti erano mostruosi e il sangue di giovani vittime consacrate ancora bagnavano le loro fauci. Essi si strinsero intorno a me; poi si presentò dinnanzi ai miei occhi il possente Hosri Eh che cominciò a parlare:
“Giovane umano, tu sei più importante per la storia dell’uomo di quanto possa immaginare. La sorte dell’umanità è legata al tuo operato; perché gli Dei lo vogliono.”
Cominciai a tremare; il mio volto assunse una espressione triste e sconvolta. Il divino Hosri Eh mi guardò e mi rassicurò:
“Non temere, Arym Mythenar, io ti sarò di grande aiuto. Questo è il messaggio che devi portare all’umanità.”
Il Dio pronunciò in maniera molto solenne alcune parole:
Fuggite, fuggite, o gente del
mondo
Dall’arcano rifugio che vi generò
Seguite la via della sfera più
alta
Lontano dal male che avanza…
Rimasi lì, fermo, senza batter ciglio, senza proferire alcuna parola, finché l’immagine si dissolse ed io rimasi ancora immerso in quella nebbia fitta e dal profumo di ginestre.”
Il Re rimase muto, davanti al balcone, a fissare le imbarcazioni che lente costeggiavano il fiume. Aspettava che il suo fedele Ry Hon dicesse qualcosa, una qualunque cosa.
“Non dici nulla, Hon? Il destino affidatomi dagli Dei è dunque così orribile?”
“No, mio signore, anzi, dovreste essere grato agli Dei per una missione così importante e degna della vostra potenza.”
“Come potrò”, chiese il Re, “riferire il messaggio all’umanità?”
“Potreste erigere qualcosa che diventi il simbolo di voi stesso e del vostro volere, mio signore.”
Il volto del Re si illuminò:
“Già!”, esclamò. “Potrei costruire un tempio.”
Mythenar pensò che forse quella era la giusta soluzione.
“Sicuro, farò proprio così. Costruirò il più grande tempio che sia mai stato fatto dall’uomo, perfino più grande di quelli di Ahfar e Theosan. Esso recherà in sé il messaggio per i miei figli e per i figli dei miei figli. Indicherà la via della salvezza, ...la via delle stelle!"
I giorni seguenti cominciarono i lavori. Migliaia di uomini attraversarono chilometri e chilometri di deserto, perché la nuova costruzione sarebbe nata lì, visibile da ogni parte, simbolo della potenza umana. I materiali furono trasportati sotto il sole cocente e ciò costò il sacrificio di molte vite. Complesse impalcature e nuovi accorgimenti furono escogitati dagli studiosi per risolvere problemi tecnici e organizzativi che una costruzione così grande comportava per la prima volta.
Il Re osservava dal suo palazzo il grande movimento che si era creato in quella zona. Ry Hon si avvicinò a lui e lo informò che tutto procedeva secondo i piani stabiliti.
“Il messaggio sarà scritto sulle pareti del Grande Salone. Avete deciso che forma avrà la costruzione esterna?”
“Sì”, rispose il Re, “dovrà indicare la via dei cieli.”
“Sarà fatto, divino Mythenar!”
Ry Hon si allontanò dal salone. Il Re rimase solo, pensieroso; la sua mente vagava; era come se si staccasse dalle spoglie mortali; si sentiva stranamente incorporeo. Desiderava quel tempio con tutte le forze, voleva esservi sepolto all’interno…
La costruzione era terminata; gli uomini avevano abbandonato la zona del deserto ed ora il tempio era visibile per miglia e miglia, alto, maestoso, simbolo della potenza di Mythenar e della razza umana. Il Grande Fiume scorreva placido come sempre; centinaia di imbarcazioni lentamente procedevano verso sud e gli uomini sorridevano guardando verso il tempio, verso la prima opera realmente immortale, …verso la prima delle Piramidi.”
15ØØ GOTO 161Ø
…
161Ø REM VIAGGI SPAZIALI
162Ø PRINT “La navetta stellare Parvati proveniva dalla Terra; poche ore mancavano al suo atterraggio su Marte. A bordo c’erano cinque passeggeri, cinque scienziati notissimi che per la prima volta si avventuravano su quel pianeta convocati in gran segreto.
Il professore Frank Williamson dell’Università di Nuova Boston era uno dei più grandi astrofisici viventi; da alcuni anni si era ritirato a vita privata per una difficile operazione subita al cuore: questo era il suo grande ritorno nel mondo della scienza; Yuri Viminoch si era, invece, da poco laureato presso l’Università di Mosca presentando una tesi sulla fisica particellare che lo aveva reso noto negli ambienti universitari. Gli altri tre erano i grandi John Seagull, Francesco Carminati e Francois Jarre del famoso laboratorio del Cern di Ginevra..
Questi illustri scienziati si erano già conosciuti in precedenza, per cui discutevano con una certa familiarità. Si chiedevano il perché di un così misterioso e repentino viaggio.
“Indubbiamente”, disse Williamson, “la maggior parte degli scienziati viventi si trova su Marte, vista la sua quasi completa abitabilità ottenuta negli ultimi decenni che lo ha trasformato nel nostro secondo pianeta madre, ma ciò non giustifica questo massiccio spostamento avvenuto negli ultimi giorni della quasi totalità degli uomini di scienza presso la base di Nirvana!”
“In confidenza”, sussurrò Viminoch, “ho sentito parlare di un certo Progetto Mega!”
“Di che cosa si tratta?”, chiese Carminati.
“Nessuno lo sa con sicurezza, ma forse è proprio questo il motivo per cui ci riuniscono presso la base di Nirvana.”
Queste considerazioni furono seguite da un profondo ‘oh’ di meraviglia: sullo schermo gigante della cabina era apparso il pianeta in tutta la sua grandezza e il suo splendore. Ormai mancava poco all’atterraggio e i passeggeri prepararono i bagagli e si rassettarono.
Dopo circa trenta minuti la navetta Parvati si adagiava delicatamente su una delle piattaforme della base. I passeggeri scesero i pochi gradini e misero per la prima volta piede sul suolo marziano. Non c’era bisogno di tute o di maschere per l’ossigeno: l’atmosfera era respirabilissima. Si vedevano sulla destra dei monti ricoperti da rigogliose foreste, prati verdi abbelliti dai fiori e sulla sinistra l’incantevole città di Nirvana. Ora capivano perché era stata chiamata così: era un vero e proprio paradiso circondato da giardini che sulla Terra non avevano uguali. Questo pianeta non aveva più nulla del Marte che conoscevano i loro antenati, era un nuovo pianeta, una Terra numero due.
Il salone dove si sarebbe tenuta la riunione era affollatissimo; scienziati da ogni parte del sistema solare colonizzato chiacchieravano in attesa che qualcuno prendesse la parola. In quel momento giunsero anche le cinque celebrità terrestri che si accomodarono nelle ultime file.
Pochi minuti dopo si avvicinò al microfono una donna. Era la dottoressa Elena Makiavacoy, astrofisico di rilevanza mondiale. Tutti la riconobbero e le fecero un calorosissimo applauso.
“Grazie, grazie ancora!”, disse mentre si spegnevano gli ultimi echi degli applausi.
“Vi abbiamo qui riunito”, continuò, “perché abbiamo pensato che fosse giunto il momento di rivelare all’umanità l’esistenza ed il fine del cosiddetto Progetto Mega.”
Ci fu un’esclamazione generale di meraviglia e molti si alzarono in piedi battendo le mani.
“Il progetto è stato chiamato così perché è veramente di proporzioni gigantesche, ma lasciate che parta dal principio.”, si schiarì la voce e poi continuò:
“Tutti quelli di voi che si occupano di astronomia sanno certamente che al centro della nostra galassia alberga un gigantesco buco nero.”
“Molti dei presenti sembravano sbigottiti.”
“Per coloro che non sono del ramo, possiamo dire che un buco nero è lo stadio finale di una grossa stella, che comincia a implodere su stessa. Quando la forza di gravità si fa così forte che neppure la luce riesce ad emergere dalla sua superficie essa ha raggiunto lo stadio di buco nero.”
Elena riuscì a catturare l’attenzione di tutti i presenti.
“Ce n’è uno proprio nella parte più interna della Via Lattea che per le sue dimensioni è stato chiamato Gigante Nero. Infatti, la sua massa è stata stimata essere circa pari a un miliardo di masse solari. Questo buco nero sta attraversando una sua fase che è stata definita di stallo iniziale, in altre parole la sua forza gravitazionale non ha ancora raggiunto gli strati più interni della galassia. Quello che invece non potete sapere è che uno dei nostri scienziati, Mr. Ohiro Mifugi, ha scoperto cosa succederà quando esso comincerà ad inghiottire le prime stelle a lui più vicine, quelle cioè che si trovano più internamente.”
Ci fu un lungo applauso per Mifugi che si alzò in piedi mostrando alcune diapositive sullo schermo e commentando:
“Ho calcolato il tempo che impiegherà il buco nero ad estendersi abbastanza per diventare pericoloso. Quando comincerà ad inghiottire stelle, quelle degli strati più interni, la sua forza gravitazionale aumenterà notevolmente, estendendo la regione in cui potrà esercitare le sue forze. Ci sarà un momento in cui il tentativo di fuggire potrà risultare vano, perché neppure la luce riuscirà ad allontanarsene. Grazie a nuove misure sperimentali ho scoperto che…”, interruppe Makiavacoy, “…che il momento in cui sarà troppo tardi per fuggire è più vicino del previsto.”
Le facce dell’uditorio si fecero pallide.
“Avverrà tra appena sette milioni di anni.”
Tutti si rilassarono, ma la dottoressa Makiavacoy li richiamò all’attenzione.
“Per avere un’idea più realistica, pensate che quando i nostri discendenti vorranno fuggire si troveranno a dover evacuare non solo la popolazione dei due interi pianeti per ora abitati, la Terra e Marte, ma anche di molti altri che presumibilmente riusciremo a colonizzare nei prossimi millenni. Non ci saranno navi spaziali a sufficienza per evacuare i previsti tredicimila miliardi di esseri umani.”
In sala si formò un silenzio di tomba.
“Il Progetto Mega ci salverà. Inizieremo sin da ora la costruzione di una gigantesca nave stellare. Essa avrà dimensioni planetarie.”
La dottoressa mostrò schemi e disegni.
“La nuova nave porterà in salvo l’umanità!”
…
215Ø PRINT “Così come Noè nel racconto biblico portò in salvo tutta la sua famiglia ed ogni specie animale dal Diluvio Universale, ora l’uomo tenta disperatamente di portare in salvo se stesso; è per questo che è stata chiamata l’Arca Spaziale. E’ immensa. Enorme. E’ per così dire, parcheggiata in orbita tra Marte e la Terra; è diventata un nuovo brillante nella volta celeste.
Oramai è stata ultimata. L’enorme Gigante Nero che alberga al centro della nostra galassia è infine giunto alle porte del sistema solare. Già da quasi sette milioni di anni gli uomini sono in allerta, attendendo questo momento. Ora non esistono più le ipotesi, ora gli scienziati parlano di fase finale.
Più si indugia e più potrebbe essere troppo tardi. E’ giunto il momento della partenza. Ma dove sono gli uomini? Dove sono i quattordicimila miliardi di esseri umani? Non sulla Terra.
Essa è tornata selvaggia e incontaminata come agli albori della civiltà. Le poche città rimaste sono intaccate dalla vegetazione. La Terra confusa e caotica non è ormai che un ricordo, un dolce ricordo che l’uomo non può portarsi dietro in questa odissea.
Ma dove sono allora gli uomini? Forse su Marte? No, anche Marte è stato abbandonato e così tutte le altre postazioni sparse su tutto il sistema solare e in altre zone della galassia. No, non sono già saliti sull’Arca. Essa è ancora vuota e silenziosa, o almeno apparentemente.
Dai corridoi non giungono voci. E neppure nell’interno delle abitazioni c’è segno di vita. Non c’è il chiasso dei bambini che giocano nei giardini dell’immensa Arca. O …forse sì.
Non possiamo udirli perché non hanno più bisogno di parole, ma sono là, nelle case e nei parchi ricostruiti all’interno.
Sono trascorsi sei milioni e novecentotrentamila anni da quando l’uomo decise di costruire l’Arca. Ora l’uomo è diverso. Non ha più bisogno di lunghe parole. La sua mente è capace di captare i pensieri dei suoi simili. E’ molto più intelligente di allora. E’ quasi pura razionalità. Puro spirito. Ma ha ancora bisogno di salvezza.“
…
22ØØ REM MORTE DELLA VIA LATTEA
221Ø PRINT “…e le nubi si avvicinarono e le stelle si fusero, mentre un minuscolo puntino luminoso, contrariamente alle sue sorelle, si allontanava facendosi sempre più distante; e la materia si condensò e l’energia crebbe indefinitamente; la massa bolliva, la materia gorgogliava, l’essenza stessa dell’Universo era racchiusa in quello spazio limitato; e la temperatura cresceva e la materia si comprimeva raggiungendo un punto di estrema densità, ma anche di massima instabilità; il magma sussultò … e la massa esplose.”
222Ø GOTO …